storia dell'internazionale

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    Il Football Club Internazionale Milano nacque al ristorante L'Orologio la sera del 9 marzo 1908 da una costola di 43 dissidenti del preesistente AC Milan, il quale aveva imposto di non far giocare calciatori stranieri e aveva deciso di non partecipare a nessun torneo nazionale. Il nome scelto per la nuova squadra volle simboleggiare la volontà cardine della società: dare la possibilità a giocatori non italiani di vestire questa maglia. Ai giorni nostri l'Inter è la squadra italiana con il maggior numero di giocatori stranieri, avendo soltanto 4 italiani su una rosa di 27 giocatori.

    Al primo presidente Giovanni Paramithiotti successero nel 1909 Ettore Strauss e nel 1910 Carlo De Medici. Quest'ultimo, a sole due stagioni dalla fondazione, portò l'Inter allenata da Fossati ad aggiudicarsi il primo scudetto, grazie al successo per 10-3 in finale contro la quarta squadra di undicenni della Pro Vercelli, mandata in campo per protesta in seguito al rifiuto da parte della F.I.F. (Federazione Italiana del Football) di spostare la data del match, nonostante gli impegni in tornei militari di alcuni vercellesi. Allo scudetto seguirono quattro stagioni fiacche, durante le quali la presidenza cambiò diverse volte: entrarono in carica Emilio Hirzel (1912), Luigi Ansbacher (1914) e nello stesso anno Giuseppe Visconti Di Modrone, che rimane al vertice della società fino al 1919, quando la carica sarà rilevata da Giorgio Hulss. Durante la presidenza Modrone divampò la Prima guerra mondiale: essa portò all'interruzione del Campionato 1914/15 e alla sospensione di tutti i successivi. Arruolamenti e relative perdite non intralciarono però il cammino nerazzurro, che nel 1919/20 vinse il primo Scudetto del dopoguerra vincendo 3-2 la Finale contro il Livorno sul neutro di Bologna: il presidente era Francesco Mauro l'allenatore Nino Resegotti. altri calciatori ammessi alla primavera dell'Inter sono: Di Rienzo Mirco.

    Allo Scudetto seguì un lungo periodo anonimo, segnato solo da una retrocessione evitata per un soffio (riquadro a lato) e, dopo molti piazzamenti di media classifica nei Gironi interregionali, da un quinto posto nel 1926/27. Ci furono due cambi di presidenza: nel 1923 a Mauro successe Enrico Olivetti, e nel 1926 fu la volta di Senatore Borletti. La panchina vide invece alternarsi Bob Spotishwood, Paolo Schiedler, Arpad Veisz e Giuseppe Viola.

    Con l'arrivo del "Ventennio", l'Inter si vide costretta a cambiare ragione sociale: il Partito Fascista non apprezzava infatti il nome "Internazionale", che non rispettava la tradizionale italianità promossa dalla linea di governo e richiamava troppo esplicitamente l'Internazionale per antonomasia, vale a dire la Terza Internazionale comunista. Nell'estate del 1928, sotto la guida del presidente Senatore Borletti (entrato in carica nel 1926), l'F.C. Internazionale si fuse con l'Unione Sportiva Milanese, mutando nome e casacca e divenendo "Associazione Sportiva Ambrosiana", con tenuta bianca rossocrociata (colori di Milano) e segnata dal fascio littorio.

    La nuova divisa durò soltanto pochi mesi, e di nuovo in nerazzurro (ma con il colletto a scacchi bianconeri, colori sociali dell'U.S. Milanese), la squadra di nuovo allenata da Arpad Veisz e guidata dai presidenti Ernesto Torrusio (1929) e Oreste Simonotti (1930) conquistò il terzo Scudetto in occasione del primo Campionato a girone unico senza suddivisioni geografiche, la Serie A del 1929/30, raggiungendo anche la semifinale di Mitropa Cup, coppa riservata ai club più forti di Austria, Italia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia. In questo Campionato inoltre ricevette la consacrazione definitiva Giuseppe Meazza, detto "Balilla", bomber nerazzurro brillante sostituto degli "ex" Antonio Powolny, Fulvio Bernardini e Luigi Cevenini III.

    Il quinto posto nel 1930/31 portò un'aria di cambiamento alla società: il nuovo timoniere Ferdinando Pozzani, soprannominato "Generale Po" per i modi autarchici, lasciò andare molte bandiere, cambiò allenatore (Istvan Toth) e ottenne dalla FIGC il permesso per assumere la denominazione di Ambrosiana-Inter. Lo stravolgimento societario non portò però risultati, che si limitarono ad un deludente sesto posto. Il nuovo ritorno di Weisz, l'arrivo del prestigioso portiere Carlo Ceresoli e dei nuovi attaccanti di spessore Levratto e Frione II sembrò spingere l'Ambrosiana verso lo Scudetto, però mancato: nel 1932/33 la squadra arrivò solamente seconda otto punti dietro la Juventus. Il 1933 fu anche l'anno dell'unica Finale in Mitropa Cup. Dopo aver liquidato First Vienna e Sparta Praga, ai nerazzurri restava da battere il fortissimo Austria Vienna: la vittoria per 2-1 a Milano sembrò arridere a Meazza e compagni, che però a Vienna vennero sconfitti 3-1 dai i padroni di casa.
    Meazza con la maglia dell'Inter
    Meazza con la maglia dell'Inter

    Si sentì di nuovo odore di Scudetto nel 1933/34. A due giornate dalla fine l'Ambrosiana batté la Juventus 3-2 all'Arena Civica, in un match storico che registrò l'incasso record di 400 mila lire. Tuttavia le sconfitte con Fiorentina e Torino condannarono i nerazzurri a un altro secondo posto, stavolta con lo scarto ridotto a quattro punti. L'anno successivo, negativamente segnato dalla scomparsa di "Tito" Frione, ebbe dell'incredibile: all'ultima giornata Inter e Juve erano a pari punti. I bianconeri vinsero a Firenze, mentre i nerazzurri persero contro la Lazio, con rete dell'ex nerazzurro Levratto, e il 1934/35 divenne per i ragazzi allenati da Gyula Feldmann l'anno del terzo secondo posto consecutivo.

    Allo Scudetto seguì un lungo periodo anonimo, segnato solo da una retrocessione evitata per un soffio (riquadro a lato) e, dopo molti piazzamenti di media classifica nei Gironi interregionali, da un quinto posto nel 1926/27. Ci furono due cambi di presidenza: nel 1923 a Mauro successe Enrico Olivetti, e nel 1926 fu la volta di Senatore Borletti. La panchina vide invece alternarsi Bob Spotishwood, Paolo Schiedler, Arpad Veisz e Giuseppe Viola.

    Con l'arrivo del "Ventennio", l'Inter si vide costretta a cambiare ragione sociale: il Partito Fascista non apprezzava infatti il nome "Internazionale", che non rispettava la tradizionale italianità promossa dalla linea di governo e richiamava troppo esplicitamente l'Internazionale per antonomasia, vale a dire la Terza Internazionale comunista. Nell'estate del 1928, sotto la guida del presidente Senatore Borletti (entrato in carica nel 1926), l'F.C. Internazionale si fuse con l'Unione Sportiva Milanese, mutando nome e casacca e divenendo "Associazione Sportiva Ambrosiana", con tenuta bianca rossocrociata (colori di Milano) e segnata dal fascio littorio.

    La nuova divisa durò soltanto pochi mesi, e di nuovo in nerazzurro (ma con il colletto a scacchi bianconeri, colori sociali dell'U.S. Milanese), la squadra di nuovo allenata da Arpad Veisz e guidata dai presidenti Ernesto Torrusio (1929) e Oreste Simonotti (1930) conquistò il terzo Scudetto in occasione del primo Campionato a girone unico senza suddivisioni geografiche, la Serie A del 1929/30, raggiungendo anche la semifinale di Mitropa Cup, coppa riservata ai club più forti di Austria, Italia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia. In questo Campionato inoltre ricevette la consacrazione definitiva Giuseppe Meazza, detto "Balilla", bomber nerazzurro brillante sostituto degli "ex" Antonio Powolny, Fulvio Bernardini e Luigi Cevenini III.

    Il quinto posto nel 1930/31 portò un'aria di cambiamento alla società: il nuovo timoniere Ferdinando Pozzani, soprannominato "Generale Po" per i modi autarchici, lasciò andare molte bandiere, cambiò allenatore (Istvan Toth) e ottenne dalla FIGC il permesso per assumere la denominazione di Ambrosiana-Inter. Lo stravolgimento societario non portò però risultati, che si limitarono ad un deludente sesto posto. Il nuovo ritorno di Weisz, l'arrivo del prestigioso portiere Carlo Ceresoli e dei nuovi attaccanti di spessore Levratto e Frione II sembrò spingere l'Ambrosiana verso lo Scudetto, però mancato: nel 1932/33 la squadra arrivò solamente seconda otto punti dietro la Juventus. Il 1933 fu anche l'anno dell'unica Finale in Mitropa Cup. Dopo aver liquidato First Vienna e Sparta Praga, ai nerazzurri restava da battere il fortissimo Austria Vienna: la vittoria per 2-1 a Milano sembrò arridere a Meazza e compagni, che però a Vienna vennero sconfitti 3-1 dai i padroni di casa.

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    Si sentì di nuovo odore di Scudetto nel 1933/34. A due giornate dalla fine l'Ambrosiana batté la Juventus 3-2 all'Arena Civica, in un match storico che registrò l'incasso record di 400 mila lire. Tuttavia le sconfitte con Fiorentina e Torino condannarono i nerazzurri a un altro secondo posto, stavolta con lo scarto ridotto a quattro punti. L'anno successivo, negativamente segnato dalla scomparsa di "Tito" Frione, ebbe dell'incredibile: all'ultima giornata Inter e Juve erano a pari punti. I bianconeri vinsero a Firenze, mentre i nerazzurri persero contro la Lazio, con rete dell'ex nerazzurro Levratto, e il 1934/35 divenne per i ragazzi allenati da Gyula Feldmann l'anno del terzo secondo posto consecutivo.

    Passarono due anni spenti, dove in panchina si avvicendarono Albino Carraro (sostituto di Feldmann, esonerato) e Armando Castellazzi, ottenendo solo un quarto e un settimo posto in Serie A e una Semifinale di Mitropa Cup.

    L'Ambrosiana-Inter tornò in auge nel 1937/38, spuntandola nella corsa allo Scudetto su Juventus e Milan solo all'ultima giornata, seppur in Mitropa Cup arrivò un'eliminazione già ai quarti. Ancora protagonista del trionfo nerazzurro fu il centravanti Giuseppe Meazza, che si laureò Campione del Mondo per la seconda volta. La società compensò il ritiro di mister Castellazzi con Tony Cargnelli, abile teorico del "Sistema" (modulo che sostituisce il classico schema danubiano), e fronteggiò l'improvviso declino di Meazza con il ritorno di Attilio Demaria dal Sudamerica. La squadra così rinnovata arrivò terza in Serie A e vinse la sua prima Coppa Italia nel 1938/39. Otto giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia arrivò l'ultimo Tricolore sotto la denominazione di Ambrosiana-Inter. Nonostante l'idolo della folla Meazza fosse rimasto bloccato per l'intera stagione da una grave vasocostrizione al piede, i nerazzurri diressero autorevolmente il Campionato 1939/40, vincendo all'ultima di Campionato lo scontro diretto con il Bologna e festeggiando lo Scudetto sul neutro di San Siro, campo del Milan scelto perché il numero di spettatori era superiore alla capienza massima dell'Arena Civica (l'incasso sarà di 471 mila lire).

    La coppia di allenatori Peruchetti-Zamberletti decise per la cessione di Meazza al Milan, consideratolo ormai finito. Dopo tredici anni passati in nerazzurro si fece tuttavia ancora rimpiangere segnando la rete del definitivo 2-2 nel derby cittadino. In Campionato un'andata brillante si contrappose a un discutibile ritorno, e nel 1940/41 l'Ambrosiana-Inter arriva seconda. Nei due anni successivi Ivo Fiorentini non andò oltre una clamorosa dodicesima posizione e Giovanni Ferrari, sotto la nuova presidenza di Carlo Masseroni portò i suoi ragazzi a un modesto quarto posto. Nel 1943 la FIGC decise per la sospensione delle attività sportive nazionali: nel Campionato Alta Italia 1944, organizzato dai Comitati Regionali, l'Ambrosiana arrivò prima nelle Eliminatorie Lombarde, ma soltanto sesta nel Girone di Semifinale.

    Il secondo dopoguerra e l'Inter di Foni

    Dopo la caduta del regime fascista, il 27 ottobre 1945 il presidente Masseroni annunciò con toni gloriosi che "l'Ambrosiana torna a chiamarsi solo Internazionale". L'Inter salutò questo storico avvenimento senza fare faville, e alternò brillanti prestazioni (come uno storico 6-2 sul "Grande Torino") ad altre ben più fiacche. Il Campionato Misto Serie A-B 1945/46 fu la prima e unica edizione "non a girone unico" dal 1929-30: nonostante la qualificazione ottenuta con la seconda piazza nel Campionato Alta Italia, nel Girone Finale la squadra di Carlo Carcano chiuse soltanto al quarto posto.

    Il 1946/47 partì con i migliori propositi: confermato Carcano, Masseroni ottenne dalla FIGC il permesso di tesserare calciatori stranieri e acquistò i sudamericani Bovio, Cerioni, Pedemonte, Volpi e Zapirain, che diventarono noti in Italia con il soprannome di "cinque bidoni" per la loro leggendaria inadeguatezza al calcio. Zapirain si fece notare solo come giocatore di biliardo, mentre Bovio, criticato a causa del sovrappeso, si caratterizzò per comportamenti oggi impensabili: nel gennaio 1947, dopo un esaltante primo tempo a Modena, nella ripresa lasciò la squadra in dieci pur di rimanere abbracciato alla stufa dello spogliatoio. Pochi giorni dopo Bovio, Cerioni e Volpi fuggirono in Sudamerica e fecero perdere le loro tracce. Masseroni salvò le sorti della squadra affidandone la gestione tecnica a Nino Nutrizio e all'allenatore-giocatore Giuseppe Meazza, tornato all'Inter a trentasei anni. La coppia riuscì nell'impresa e, nell'ultima partita di Meazza, i tifosi festeggiarono una comoda salvezza al decimo posto.

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    Soltanto l'idolo della folla venne confermato in panchina, e questo gli causò forti problemi di comunicazione con i propri giocatori, tanto da renderne necessario l'esonero e il ritorno di Carcano. Questi, non potendo più contare sul trascinatore dell'Andata Bruno Quaresima bloccato da un infortunio, decise di far girare la squadra attorno all'estro del giovane Benito Lorenzi, che si distinse all'inizio della Stagione. Alla fine del 1947/48, tuttavia, la terza piazza conquistata al giro di boa si ridusse solo a un sofferto dodicesimo posto.

    Il 1948/49 divenne tristemente famoso come l'anno della tragedia di Superga. L'Inter fece grandi acquisti: arrivano l'apolide Istvan Nyers, detto "Etienne" per le origini francesi, il difensore Attilio Giovannini e la punta Gino Armano, gettando le prime basi per un glorioso futuro. I nuovi campioni però non offrirono il gioco richiesto da mister Astley, che venne sostituito a metà Stagione da Giulio Cappelli. Il nuovo allenatore condusse una sfrenata rimonta fino a raggiungere il secondo posto solitario, cinque punti davanti alla Juventus e altrettanti dietro al Torino che proprio con l'Inter giocò la sua ultima partita ufficiale.
    Lennart Skoglund, 246 presenze e 57 reti
    Lennart Skoglund, 246 presenze e 57 reti

    Il Campionato 1949/50 partì con i migliori propositi. il "tulipano volante" Faas Wilkes infiammò gli spalti, ma insistendo troppo nelle azioni personali, mentre il dualismo Amadei-Lorenzi tolse serenità alla squadra. Alla fine l'Inter mise le mani su un terzo posto al di sotto delle aspettative. Avvenne quindi un cambio di allenatore, Aldo Olivieri al posto di Giulio Cappelli; la fiducia in Lorenzi di questi fu tale da portare alla cessione di Amadei e l'addio del centrocampista Aldo Campatelli portò Masseroni a cercare un nuovo campione del settore, trovato nello svedese Lennart Skoglund, detto "Nacka" a causa della regione d'origine. Il finale di Campionato fu caratterizzato da una rimonta su un Milan in declino, ma l'Inter non era abbastanza incisiva e lo Scudetto 1950/51 rimane affare dei rossoneri per un solo punto. Nell'estate che precedette il Campionato 1951/52 il presidente diede fiducia all'organico, rimpolpato solo dal portiere Giorgio Ghezzi. La squadra soffrì però sulla continuità di rendimento, particolarmente evidente per Skoglund e Wilkes, e arrivò solo terza.

    Il 1952/53 iniziò con una rivoluzione tattica. Il nuovo allenatore era il Dottor Alfredo Foni, un precursore del catenaccio, che reinventò Ivano Blason libero e scartò l'estroso Wilkes in favore di un più concreto Bruno Mazza, acquistato per pochi soldi. La nuova impostazione di gioco non piacque alla critica, ma sbaragliò gli avversari all'insegna del "prima non prenderle": l'Inter è Campione d'Italia. In seguito alle pesanti critiche riguardo al gioco troppo difensivistico, nella Stagione successiva Foni decise di proporre un modello di calcio più estroso e aggressivo. A inizio Stagione Nyers venne escluso dalla rosa per aver richiesto un aumento di stipendio, ma alla vigilia della partita contro il Milan Masseroni cedette alle sue richieste pur di farlo giocare: segnò una tripletta, gli unici tre gol dell'incontro, e l'Inter si aggiudicò il derby. Skoglund fu invece protagonista assoluto di un leggendario 6-0 sulla Juventus. In un Campionato in cui tutti i nerazzurri hanno il loro momento di gloria, l'Inter si impose in volata e per un solo punto, davanti alla Juve, divenendo Campione d'Italia 1953/54.

    Nel 1954 il presidente e patron Carlo Masseroni, ormai appagato dalle vittorie in Serie A, iniziò una lunga trattativa con il petroliere Angelo Moratti per la cessione della società. Senza nuovi arrivi stranieri (il Ministro Andreotti chiuse le frontiere dopo la figuraccia a Svizzera '54) il vuoto lasciato da Giovannini volle essere colmato da Giorgio Bernardin, che però non convinse in linea con le prestazioni generali della squadra: alla fine del 1954/55 l'Inter arrivò solo ottava.

    L'era Moratti e la Grande Inter

    Nel 1955 Angelo Moratti divenne presidente dell'Inter. Da allora il suo obiettivo fu quello di costruire una squadra per eccellere in ogni competizione ma gli inizi non furono facili. Moratti impiegò otto anni per vincere il suo primo scudetto e in quegli anni cambiò ben sette allenatori, non riuscendo mai a far decollare la sua squadra.

    Dopo una partita di Coppa delle Fiere nella quale il Barcellona travolse l'Inter, Moratti decise di ingaggiare l'allenatore dei catalani Helenio Herrera. La scelta, alla luce dei risultati ottenuti, si dimostrò ampiamente indovinata; per completare il quadro societario venne ingaggiato Italo Allodi, un manager in grado di allestire una squadra competitiva e vincente ad ogni livello. Allodi avrebbe fatto, in seguito, la fortuna anche di Juventus e Napoli oltre che della Nazionale. All'intelaiatura della squadra si aggiunsero presto Mario Corso e due giovani della primavera: Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola (figlio del grande Valentino). I due sarebbero diventati due bandiere nerazzurre e della Nazionale italiana.

    La squadra impiegò tre anni per vincere il suo primo scudetto ma, da allora, continuò a mietere straordinari successi, inducendo molti a definirla la migliore squadra del mondo del periodo. Herrera, o HH (come viene spesso chiamato), costruì la sue vittorie con la tattica del catenaccio: in porta c'era Giuliano Sarti, prelevato dalla Fiorentina; la difesa veniva guidata dal libero Armando Picchi, capitano di quella squadra e autentico leader; davanti a lui c'erano due marcatori arcigni come Tarcisio Burgnich e Aristide Guarneri. Sulla fascia sinistra venne attuata la prima rivoluzione tattica di Herrera: Facchetti diventò il primo terzino capace di affondare in avanti e trasformarsi in una vera e propria ala. A centrocampo il regista era Luis Suarez che il tecnico volle a tutti i costi dopo averlo avuto al Barcellona; con i suoi lanci lunghi Suarez era in grado di servire palloni preziosi, principalmente alla velocissima ala destra Jair. Il centrocampo venne rinforzato da Gianfranco Bedin; l'estrosità di Corso dava un tocco di fantasia alla squadra, e in attacco Mazzola fungeva da mezz'ala con al centro Joaquín Peiró.

    Dopo il primo scudetto del 1963 arrivò anche la prima Coppa dei Campioni, vinta contro il grande Real Madrid. L'Inter vinse per 3-1 con due gol di Mazzola e uno di Milani allo Stadio del Prater di Vienna. In quell'anno giunse anche la Coppa Intercontinentale vinta battendo l'Independiente; dopo aver perso la gara di andata in Argentina per 1-0, i nerazzurri prevalsero a San Siro per 2-0 con le reti di Mazzola e Corso. Nella terza e decisiva partita giocata allo stadio Santiago Bernabéu di Madrid l'Inter vinse per 1-0 con gol di Corso nei supplementari. Solamente lo scudetto venne perso in quell'anno, dopo lo spareggio di Roma giocato contro il Bologna. L'anno seguente l'Inter tornò a dominare: vinse di nuovo lo scudetto e ancora la Coppa dei Campioni, questa volta proprio a San Siro. Sotto un vero e proprio diluvio superò, infatti, il Benfica per 1-0 con gol di Jair. Arrivò di nuovo anche la Coppa Intercontinentale, ancora contro l'Independiente. A San Siro l'Inter vinse 3-0 con gol di Peiró e doppietta di Mazzola, poi fece 0-0 in Argentina. Nella stagione 1965/66 arrivò il terzo scudetto, con l'Inter che domina dall'inizio alla fine del campionato. Il 1967 rappresenta un anno cardinale nella storia dell'Inter. In pochi giorni la squadra vide svanire traguardi accarezzati per un'intera stagione: il 25 maggio, a Lisbona, un'Inter favorita dal pronostico, ma stanca e priva del suo faro Suarez, dovette cedere agli assalti degli scozzesi del Celtic Glasgow, nella finale di Coppa dei Campioni. Per oltre un'ora, Sarti parò tutto, prima di arrendersi alle conclusioni di Gemmell e Chalmers, che ribaltarono l'iniziale vantaggio interista siglato da Mazzola. Sei giorni dopo, il I di giugno, nell'ultima giornata di campionato, l'Inter cadde incredibilmente a Mantova, questa volta tradita da un errore del suo numero 1, su un'apparentemente innocua conclusione dell'ex Di Giacomo. La sconfitta consentì il sorpasso in classifica alla Juventus, che si aggiudicò lo scudetto.

    L'Inter si presentò stanca agli appuntamenti decisivi della stagione, logorata dalla lunga corsa; nelle ultime sei giornate di campionato soltanto 4 punti, frutto di altrettanti pareggi, ne rimpolparono la classifica, ma non si può tacere che la partita di Mantova, come l'intero finale di stagione - e come già gli epiloghi dei campionati 1960-61 e 1963-64 -, prestava il fianco a dubbi e recriminazioni. Moratti, fedele alla sua grandezza, troncò sul nascere ogni polemica con le sue parole:
    « Siamo stati grandi quando si vinceva, cerchiamo di essere grandi anche ora che abbiamo perduto. Forse siamo rimasti troppo tempo sulla cresta dell'onda. E tutti a spingere per buttarci giù. Ora saranno tutti soddisfatti »

    (Angelo Moratti - dal sito della società)

    L'anno seguente, al termine di una stagione deludente, l'Inter concluse il campionato al quinto posto. Fu la fine di un'era: Angelo Moratti, il Presidentissimo, lasciò, dopo tredici anni, la guida della società e con lui se ne andarono anche Helenio Herrera e Italo Allodi. Era il 18 maggio 1968. Più tardi, Moratti dirà:
    « Tifo lo stesso, soffrendo molto meno. Non sento più la responsabilità imposta dalla folla. Sono un tifoso in mezzo ai tifosi »

    La presidenza Fraizzoli
    Festeggiamenti per lo scudetto 1970-71
    Festeggiamenti per lo scudetto 1970-71
    L'Inter vince lo scudetto nel 1980
    L'Inter vince lo scudetto nel 1980
    Gabriele Oriali, mediano dell'Inter dal 1970 al 1983
    Gabriele Oriali, mediano dell'Inter dal 1970 al 1983

    Con l'uscita di scena di Angelo Moratti la proprietà della società passò di mano al nuovo presidente Ivanoe Fraizzoli. La nuova gestione portò presto un campione di primissimo livello: Roberto Boninsegna, detto Bonimba. Cresciuto nelle giovanili nerazzurre, si mise in luce nel Cagliari prima di tornare all'Inter e affermarsi definitivamente nel corso dei mondiali di Messico 1970. Grazie a lui e ai reduci della Grande Inter, i nerazzurri si aggiudicarono l'undicesimo scudetto della loro storia. Il merito fu, in buona parte, di Giovanni Invernizzi, l'allenatore chiamato dalle giovanili per sostituire Heriberto Herrera: dopo il cambio di panchina, l'Inter si lanciò in una rincorsa che le permise di ricuperare i 6 punti di ritardo che accusava dai rivali del Milan: il 7 marzo 1971 i nerazzurri si aggiudicarono, col punteggio di 2-0, il derby di ritorno e due settimane dopo raggiunsero la vetta della classifica superando il Napoli a San Siro con una doppietta di Boninsegna che ribaltò il vantaggio iniziale dei partenopei. Il 2 maggio 1971, con due giornate di anticipo sulla conclusione del campionato, l'Inter conquistò il primo scudetto dell'era Fraizzoli. Il primo e, finora, unico scudetto vinto da una squadra che ha cambiato l'allenatore in corsa.

    Seguirono anni di dominio pressoché incontrastato della Juventus, fino al 1978, stagione in cui i nerazzurri tornarono ad alzare al cielo un trofeo: è la Coppa Italia, la seconda della storia interista. A quarant'anni dal primo successo (quando ancora la società portava il nome di Ambrosiana), l'Inter poté finalmente bissare quella vittoria, superando nella finale unica di Roma il Napoli per 2-1. Artefici di questo risultato furono, oltre al grande Giacinto Facchetti, giunto al suo ultimo passo da calciatore e assente per infortunio dalla finale, le colonne Gabriele Oriali e Giampiero Marini e nuovi interisti quali Alessandro Spillo Altobelli, autore della rete dell'1-1 in finale, Graziano Bini, nuovo carismatico capitano della squadra, a dispetto della giovane età, e marcatore della rete decisiva in finale, Giuseppe Baresi, Ivano Bordon, Nazzareno Canuti e Carlo Muraro, guidati dal sergente Eugenio Bersellini, uomo di grandi qualità morali, tenace e taciturno, cultore della filosofia del lavoro, capace di restituire gioco e identità di squadra all'Inter dopo anni bui.

    Grazie al nuovo corso tecnico, il dodicesimo scudetto non si fece attendere troppo: all'avvio del campionato 1979-1980 la squadra poteva contare su nuovi nomi quali Evaristo Beccalossi, Giancarlo Pasinato, Mimmo Caso e Roberto Mozzini. Un campionato condotto in vetta solitaria sin dalla prima giornata: una cavalcata che passò dal titolo di campione d'inverno al doppio successo nel derby (2-0 e 0-1) al clamoroso trionfo sulla Juventus [4-0]. La stagione si chiuse in apoteosi con la vittoria dell'Inter e la retrocessione del Milan e della Lazio per gli scandali del Totonero.

    L'anno seguente, l'Inter uscì nelle semifinali di Coppa Campioni per mano degli spagnoli del Real Madrid che avrebbero poi perso la finale con il Liverpool, la squadra che dominava in Europa tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80.

    Nel 1982 comunque, i nerazzurri riuscirono ad alzare la loro terza Coppa Italia: dopo aver perso l'andata dei quarti di finale per 4-1 contro la Roma, l'Inter rovesciò la situazione a Milano imponendosi per 3-0. In una drammatica semifinale venne superato il Catanzaro (2-1 in rimonta a San Siro e 2-3 dts al Militare, con l'Inter ridotta in nove uomini) e la doppia finale contro il Torino fu decisa dall'1-0 di Serena a San Siro e dall'1-1 del Comunale, con reti di Cuttone e Altobelli, vero artefice, con le sue marcature, del successo finale dell'Inter e di lì a poche settimane ancora decisivo, questa volta con la maglia della nazionale, nella strozza del Bernabeu.

    Con questa vittoria si congedava dall'Inter Eugenio Bersellini e questo fu anche l'ultimo trofeo vinto durante la presidenza di Ivanoe Fraizzoli, che, due anni più tardi, lascerà la proprietà con un bilancio di due Campionati e due Coppe Italia vinti in sedici anni di guida societaria.

    Pellegrini e l'Inter dei record del 1989


    Pellegrini e l'Inter dei record del 1989
    Karl-Heinz Rummenigge con la maglia nerazzurra
    Karl-Heinz Rummenigge con la maglia nerazzurra

    Il 18 gennaio 1984 la presidenza dell'Inter passa a Ernesto Pellegrini, che per sette miliardi rileva la società da Fraizzoli. Il suo primo acquisto è un colpo del calciomercato: il tedesco Karl Heinz Rummenigge, due volte Pallone d'oro, uno degli attaccanti più forti del momento. Il centravanti arriva dal Bayern di Monaco, con il quale ha vinto tutto. Cambia anche l'allenatore (da Gigi Radice a Ilario Castagner, strappato al Milan), ma l'avvio della nuova proprietà è faticoso. Rummenigge, che diventa subito l'idolo dei tifosi, è frenato dagli infortuni: entrerà nella memoria per una doppietta contro la Juventus (battuta per 4-0 a Milano) e per una fantastico gol in Coppa dei Campioni (acrobazia contro i Rangers) annullato dall'arbitro, il connazionale Roth. Sono questi gli anni di un'accesa rivalità europea con il Real Madrid. Pellegrini si adopera per regalare all'Inter campioni (come il belga Vincenzo Scifo) e vittorie.

    L'andamento discontinuo cambia con l'arrivo sulla panchina nerazzurra di Giovanni Trapattoni, già fuoriclasse pluridecorato con il Milan di Nereo Rocco e allenatore che ha vinto tutto con la Juventus. Il Trap arriva a Milano il 22 maggio 1986. Sfiora lo scudetto alla prima stagione, prepara l'impresa l'anno dopo, dando forma e sostanza a una squadra nella quale prende sempre più spazio un trio storico, composto dal portiere Walter Zenga e dai difensori Giuseppe Bergomi (giovanissimo campione nel mondo nel 1982 in Spagna) e Riccardo Ferri. Nella stagione 1988-89 l'Inter conquista il suo 13° scudetto potendo fare affidamento su una squadra nuova, ma che sembra esperta e affiatata. Sul fronte degli acquisti dalla Germania arriva Lothar Matthäus, uno dei centrocampisti più completi di sempre, Pallone d'Oro e campione del mondo nel 1990, protagonista in campo e negli spogliatoi. Oltre a Matthäus è ingaggiato il terzino sinistro Andreas Brehme, eccezionale interprete tattico sulla fascia sinistra di un gioco di squadra che è la peculiarità del Trapattoni allenatore.
    Alessandro "Spillo" Altobelli: 317 presenze e 128 reti in Serie A
    Alessandro "Spillo" Altobelli: 317 presenze e 128 reti in Serie A

    Tra gli acquisti italiani il vero colpo del calciomercato è Nicola Berti, giovane promettente centrocampista proveniente dalla Fiorentina che diventa subito idolo dei tifosi, e il cursore di fascia destra del Cesena Alessandro Bianchi. Accusato di essere la vecchia espressione del calcio italiano, ormai segnato dalle rivoluzioni di Arrigo Sacchi (allenatore del Milan), Trapattoni rende la sua Inter una formazione estremamente solida e concreta, con un centravanti classico (Aldo Serena) che vince la classifica dei marcatori (22 gol) e che si abbina perfettamente con una seconda punta veloce e pungente, l'argentino Ramón Díaz, arrivato a Milano in prestito dopo la bocciatura, per problemi fisici, dell'algerino Rabah Madjer. A centrocampo, dietro l'esuberanza dei vari Matthäus e Berti, spicca la regia di Gianfranco Matteoli. È un'Inter perfetta, che raccoglie ben 58 punti (record per i campionati a 18 squadre) e, oltre al Milan di Sacchi campione d'Italia uscente, batte di slancio anche il Napoli di Diego Armando Maradona nel faccia a faccia allo stadio "Meazza" il 28 maggio 1989. È il primo e anche unico scudetto vinto da Ernesto Pellegrini.
    La stagione in Europa non è cosi fulgida come in Italia: i nerazzurri sono eliminati negli ottavi di Coppa UEFA dal Bayern Monaco (2-0 per l'Inter in Germania nella gara di andata; 3-1 per i tedeschi al "Meazza" nel ritorno).

    Nella stagione successiva l'Inter inserisce in squadra un altro tedesco, Jurgen Klinsmann. Anche grazie a lui la squadra riesce a vincere la Supercoppa Italiana (contro la Sampdoria, battuta 2-0) e la prima Coppa UEFA della storia (contro la Roma: vittoria nerazzurra per 2-0 a Milano (gol di Matthäus su rigore e Berti) e vittoria giallorossa per 1-0 (Rizzitelli) all'Olimpico), riportando il nerazzurro sul tetto d'Europa 26 anni dopo la conquista dell'ultimo trofeo nel 1965, sotto la gestione di Angelo Moratti. L'Inter di Trapattoni si chiude proprio qui, a Roma, il 22 maggio 1991, con la conquista della Coppa UEFA.

    Nell'estate del 1991 il tecnico torna alla Juventus e Pellegrini decide di sostituirlo con l'emergente Corrado Orrico, reduce da una promozione in Serie B con la Lucchese seguita da un ottimo campionato (sfiorata la promozione) nella serie cadetta. Tuttavia la scelta si rivela sbagliata e inaugura di fatto la fase calante della gestione Pellegrini. Orrico si dimette al termine del girone di andata e la squadra viene affidata temporaneamente a Luis Suárez, vecchia gloria nerazzurra.

    Nella stagione 1992/93 la panchina passa nelle mani dell'esperto Osvaldo Bagnoli, già campione d'Italia con il Verona nel 1985 e che aveva ben figurato nelle stagioni precedenti con il Genoa. A Bagnoli è affidata una squadra non molto competitiva. Tra gli acquisti, rivelatisi poi errati, spicca quello del macedone Darko Pancev (già vincitore della Coppa dei Campioni 1991 con la maglia della Stella Rossa di Belgrado), quello dell'eroe azzurro dei Mondiali di Italia 1990 (ma ormai sulla via del tramonto) Salvatore Schillaci oltre a quello del difensore tedesco Matthias Sammer, che nel 1996 vincerà il Pallone d'oro con la maglia del Borussia Dortmund. Ciononostante il tecnico, grazie anche al fantasioso attaccante uruguaiano Ruben Sosa, (prelevato dalla Lazio) e al versatile centrocampista Antonio Manicone (acquistato dal Udinese nel mercato d'inverno) riesce a tenere testa al ben più quotato Milan di Fabio Capello, ottenendo alla fine un buon secondo posto in classifica.

    La stagione 1993/94 si apre con il botto di mercato Dennis Bergkamp, olandese, stella nascente dell'Ajax strappato alla concorrenza di mezza Europa per la cifra record di 25 miliardi di lire. Insieme al più conosciuto connazionale arriva anche lo scudiero Wim Jonk sempre dall'Ajax. L'Inter parte con i favori dei pronostici, ma Bergkamp si rivela una grande delusione, non si integra né con compagni né con la tifoseria, e l'Inter precipita rovinosamente in fondo alla classifica salvandosi agli sgoccioli della stagione e di un punto sul Piacenza retrocesso. In compenso in Europa la marcia dell'Inter è radicalmente diversa: con Giampiero Marini, nel frattempo subentrato in panchina al posto di Bagnoli, arriva la seconda Coppa Uefa, conquistata in finale contro gli austriaci del Casino Salisburgo (doppio 1 a 0, con gol di Berti all'andata disputatasi al Prater di Vienna e di Wim Jonk al ritorno). L'era-Pellegrini è davvero agli sgoccioli. L'ultima decisione rilevante è quella di assumere come tecnico Ottavio Bianchi, tra contestazioni e risultati poco rilevanti si entra rapidamente nella nuova era Moratti.

    Il ritorno dei Moratti e i primi sei anni (1995-2001)

    1994-95: Massimo Moratti acquista il club

    La vittoria della Coppa UEFA 1993-1994, la seconda nella storia dei nerazzurri, influisce poco sui destini sportivi dell'Inter: la presidenza Pellegrini ormai è logora, sia dal punto di vista mangeriale che economico, e la differenza con il Milan di Berlusconi diventa sempre più evidente. La campagna acquisti non porta in nerazzurro grandi nomi: arriva dalla Sampdoria il portiere Gianluca Pagliuca mentre partono colonne storiche del calibro di Walter Zenga e Riccardo Ferri, ormai a fine carriera; la conduzione tecnica è affidata ad Ottavio Bianchi. Si spera in un radicale cambiamento a livello di prestazioni di Dennis Bergkamp, risultato fino a questo punto corpo estraneo alla squadra, ma la situazione appare subito difficile: al primo turno di Coppa UEFA l'Inter esce ai calci di rigore per mano dell'Aston Villa, il cammino in campionato è pieno di stenti e tra i tifosi serpeggia un malumore piuttosto evidente. I tempi per una svolta societaria paiono ormai maturi.

    Il 18 febbraio 1995 avviene il passaggio di consegne: Pellegrini cede l'Inter, che torna dopo 27 anni nelle mani della famiglia Moratti. È Massimo, figlio di Angelo, a prenderne le redini. Il giorno dopo il nuovo presidente esordisce al Meazza con un successo: l'Inter batte il Brescia per 1-0 ma l'attenzione della tifoseria è rivolta al nuovo massimo dirigente dal cognome pesante e foriero di molte aspettative. Il nuovo presidente decide di confermare il tecnico Bianchi e di cominciare ad inserire nella società personaggi ben noti e a lui molto cari: Alessandro Mazzola come direttore sportivo, Giacinto Facchetti come direttore generale e Luisito Suárez come capo degli osservatori, tutti uomini-simbolo della Grande Inter degli anni sessanta.

    La stagione si conclude in rimonta: la squadra risale la china in classifica ma alla fine non va oltre la sesta posizione nel campionato di Serie A 1994-1995, conquistando solo all'ultimo minuto dell'ultima giornata la qualificazione per la Coppa UEFA 1995-1996 (vittoria per 2-1 sul Padova a S. Siro, gol decisivo di Delvecchio al '92).

    1995-96: settimo posto

    Per la stagione seguente, la prima ad iniziare con Massimo Moratti presidente, la dirigenza decide di rinnovare la fiducia ad Ottavio Bianchi, che viene esonerato dopo quattro turni di campionato e rimpiazzato dall'inglese Roy Hodgson. La squadra conclude il campionato 1995-1996 al settimo posto, a 19 punti dal Milan campione d'Italia, mentre in Coppa UEFA è eliminata al primo turno dal Lugano. In Coppa Italia, invece, i nerazzurri raggiungono la semifinale, dove vengono eliminati dalla Fiorentina poi vincitrice del torneo.

    1996-97: terzo posto e finale di UEFA

    Nell'estate 1996 arrivano all'Inter il centrocampista della Nazionale francese Youri Djorkaeff, proveniente dal Paris Saint-Germain, e l'attaccante della Nazionale cilena Iván Zamorano, nella stagione precedente in forza al Real Madrid. La stagione dei nerazzurri di Hodgson parte bene, e si conclude con un soddisfacente terzo posto, a 6 punti dalla Juventus campione d'Italia. In campo internazionale l'Inter è artefice di un percorso molto positivo in Coppa UEFA, prima di perdere la doppia finale contro i tedeschi dello Schalke 04 ai calci di rigore. La sconfitta europea provoca le dimissioni di Hodgson, sostituito nelle ultime due giornate di Serie A 1996-1997 da Luciano Castellini, in attesa di ingaggiare un nuovo tecnico per la stagione futura. Anche in Coppa Italia l'eliminazione avviene ai calci di rigore, in semifinale contro il Napoli.

    1997-98: scudetto mancato e Coppa UEFA

    L'estate 1997 segna una svolta. Moratti ingaggia Luigi Simoni come allenatore e acquista per 48 miliardi di lire dal Barcellona il fuoriclasse brasiliano Ronaldo, all'epoca il più grande giocatore in circolazione, eletto Pallone d'oro nel dicembre di quell'anno. Con l'innesto del Fenomeno, che mantiene un rendimento straordinario nel suo primo anno italiano, nella stagione 1997-1998 la squadra torna ad essere competitiva e a battersi per lo scudetto insieme a una delle rivali storiche, la Juventus.

    I nerazzurri conducono la classifica per le prime 16 giornate prima di essere sorpassati a metà torneo dai bianconeri, campioni d'inverno. A quattro giornate dalla fine, con la Juventus capolista a quota 66 punti e l'Inter seconda a 65, le due rivali si affrontano a Torino. Il clima è molto teso a causa di polemiche suscitate da controverse decisioni arbitrali a favore dei bianconeri nelle gare precedenti. Sul finire del primo tempo la Juventus passa in vantaggio con un gol di Alessandro Del Piero. Nella ripresa, sull'1-0, l'arbitro Ceccarini di Livorno decide di non intervenire di fronte ad un contatto in area bianconera tra Ronaldo e Mark Iuliano, falloso e quindi punibile con il rigore. Nel proseguimento dell'azione è invece la Juventus a guadagnare il rigore. Simoni, infuriato dopo la mancata assegnazione del rigore all'Inter, entra in campo con la palla ancora in gioco ed è trattenuto dagli addetti. Dopo l'assegnazione del rigore alla Juventus si dirige verso l'arbitro e grida ripetutamente "Si vergogni" a Ceccarini, il quale lo espelle. Successivamente Del Piero sbaglia il rigore, facendosi parare il tiro da Gianluca Pagliuca. Il finale di partita è molto acceso: Zé Elias viene espulso e rischia di essere mandato fuori dal campo anche Edgar Davids. Nei giorni successivi all'incontro, mentre in tutto il paese si sviluppa un vespaio di polemiche, il giudice sportivo infligge all'Inter un totale di 10 giornate di squalifica, sommando le sanzioni all'allenatore e ai giocatori. Nei turni successivi la squadra di Simoni perde ulteriore terreno a vantaggio della Juventus, che vince il campionato di Serie A 1997-1998. Il celebre gruppo musicale meneghino "Elio e le Storie tese" (il cui cantante è di fede interista) scrive all'epoca una canzone, Ti amo campionato, dal tono molto sarcastico in onore della "regolarità" del campionato appena concluso in cui venivano elencati alcuni dei presunti favoreggiamenti a favore della Juventus.

    In Coppa Italia i nerazzurri escono ai quarti ad opera del Milan, sconfitto nel ritorno per 1-0 ma qualificato grazie al vittorioso 5-0 dell'andata. La soddisfazione dell'annata per l'Inter è il successo in Coppa UEFA, dove i nerazzurri riscattano la sconfitta nella doppia finale subita l'anno precedente contro lo Schalke 04. In quella stessa competizione, che da quell'annata è assegnata in una finale unica, l'Inter supera infatti la Lazio per 3-0 al Parco dei Principi di Parigi il 6 maggio 1998 con reti di Zamorano, Zanetti e Ronaldo, mettendo in bacheca il trofeo per la terza volta.

    Anni bui (1998-2001)

    1998-99: ottavo posto
    Roberto Baggio (nella foto ai tempi del Vicenza): 59 presenze e 17 reti con l'Inter
    Roberto Baggio (nella foto ai tempi del Vicenza): 59 presenze e 17 reti con l'Inter

    Nell'estate 1998 arriva all'Inter Roberto Baggio, reduce da un'ottima esperienza al Bologna. Il Codino, tuttavia, sin da subito non è schierato con continuità e non riesce ad essere decisivo per la squadra. Da segnalare la vittoria nel girone di Champions League contro il Real Madrid per 3-1, con Roberto Baggio autore di due reti e di una splendida prestazione. Ma nel 1998-1999 l'Inter è artefice di un'altra stagione negativa. Estromessa ai quarti di finale della Champions League dal Manchester United (poi vincitore della manifestazione), in campionato delude ancora una volta, giungendo ottava dopo aver cambiato ben quattro allenatori.

    1999-00: quarto posto

    Nell'estate 1999 la dirigenza acquista Christian Vieri, versando alla Lazio 70 miliardi di lire più il cartellino di Diego Pablo Simeone, e assume Marcello Lippi che, dopo un quinquennio alla Juventus, si era dimesso a febbraio 1999 per gli scarsi risultati ottenuti nella stagione precedente. La scelta dell'allenatore viene molto contestata a causa dei precedenti bianconeri di Lippi. In particolare non gli vengono perdonate le dichiarazioni seguite a Juventus-Inter del campionato 1997-1998 e le sue prime disposizioni: Lippi pone infatti condizioni durissime, chiedendo alla società di non rinnovare il contratto del capitano Bergomi, che attendeva il rinnovo dopo un'annata positiva (al suo posto viene acquistato Laurent Blanc) e di cedere Simeone, inserito come contropartita nell'affare Vieri.

    La coppia d'attacco Vieri-Ronaldo fa sognare i tifosi, ma i due bomber incontrano una serie di infortuni che impediscono loro di giocare assieme con continuità e per l'Inter rendono difficile la recita di un ruolo da protagonista in campionato. Ad essere colpito dalla sfortuna è soprattutto Ronaldo che, al suo esordio dopo il rientro da un intervento al ginocchio destro, nell'andata della finale di Coppa Italia contro la Lazio del 12 aprile 2000 s'infortuna gravemente lo stesso ginocchio e rischia il ritiro dall'attività agonistica. Al termine di una stagione travagliata la squadra si piazza quarta e vince lo spareggio per l'ingresso in Champions League contro il Parma del 23 maggio 2000 per 3-1, con due perle di Roberto Baggio, le ultime in maglia nerazzurra. Avendo la Lazio vinto scudetto e Coppa nazionale, la squadra nerazzurra si qualifica inoltre per la finale di Supercoppa Italiana in quanto finalista di Coppa Italia.

    2000-01: quinto posto

    La stagione seguente si rivela ancora una volta fallimentare. I meneghini vengono clamorosamente estromessi dalla Champions già ad agosto, al terzo turno preliminare, dagli svedesi dell'Helsingborg: Alvaro Recoba fallisce il rigore decisivo al 90° minuto della partita di ritorno al Meazza. La squadra perde anche la partita d'esordio in campionato con la Reggina, provocando il duro sfogo televisivo dell'allenatore Marcello Lippi, che si rivolge ai giocatori con toni rabbiosi. A causa del clima creatosi nello spogliatoio, la dirigenza opta per l'esonero dell'allenatore toscano: due giorni più tardi sulla panchina dell'Inter è chiamato Marco Tardelli, ex campione del mondo nel 1982 e in quel momento commissario tecnico della Nazionale italiana Under-21 con cui pochi mesi prima ha vinto il Campionato europeo di categoria. Malgrado il cambio della guida tecnica l'Inter stenta e, dopo un campionato condotto mediocremente e una cocente eliminazinone ai quarti di Coppa UEFA, l'11 maggio 2001 va incontro ad un pesantissimo crollo in casa nel derby contro il Milan (0-6). I nerazzurri comunque chiudono il campionato al 5° posto davanti ai cugini, qualificandosi in Coppa UEFA, ma il risultato non viene ritenuto sufficiente e Marco Tardelli non viene confermato sulla panchina della squadra.

    Al termine di quella stagione scoppia lo scandalo dei passaporti falsi, riguardante la naturalizzazione illecita di alcuni calciatori extracomunitari: tra le società coinvolte figura anche l'Inter per la vicenda della nazionalità di Recoba. Il direttore sportivo Gabriele Oriali patteggia 20.000 euro di ammenda e Álvaro Recoba subisce una squalifica totale di 2 anni, poi ridotta dalla FIGC a 6 mesi di radiazione nelle competizioni nazionali e internazionali con diffida.

    L'Inter di Cúper e di Zaccheroni (2001-2004)

    2001-02: il fatale 5 maggio
    Ronaldo: 100 presenze e 59 reti tra il 1997 e il 2002
    Ronaldo: 100 presenze e 59 reti tra il 1997 e il 2002

    Nell'estate seguente Moratti decide di puntare su Héctor Raúl Cúper, tecnico argentino che nelle due stagioni precedenti aveva sorprendentemente condotto il Valencia a due finali consecutive di Champions League (entrambe perse contro Bayern Monaco e Real Madrid). La testa della classifica viene contesa per la maggior parte dell'annata dai nerazzurri e dalla Roma campione d'Italia in carica ma, così come nel campionato 1997/98, l'Inter si trova ad essere penalizzata da alcuni errori arbitrali: in particolare le due sole trasferte di Venezia e Chievo, causa sviste dei rispettivi direttori di gara, costano ai nerazzurri ben 4 punti che si riveleranno quantomai decisivi.

    A sole 5 giornate al termine l'Inter ha 6 punti di vantaggio sulla Juventus, terza dietro ai capitolini, ma in queste cinque settimane accade l'imponderabile: l'Inter totalizza solo 7 punti sui 15 disponibili, la Juve non ne lascia per strada neanche uno. L'ultima giornata si disputa il 5 maggio 2002 con la seguente situazione di classifica: Inter 69, Juventus 68, Roma 67. È proprio nell'ultimo atto di un torneo così avvincente che si concretizza una delle sorprese più grandi degli ultimi decenni della Serie A. Il 5 maggio allo Olimpico la squadra di Cúper è sconfitta per 4-2 dalla Lazio e il risultato, unito alla vittoria per 2-0 della Juve sul campo dell'Udinese e a quella della Roma al Delle Alpi contro il Torino, vede l'Inter scavalcata da ambedue le contendenti: Juventus 71 punti scudetto, Roma 70, Inter 69. Il cammino stagionale in Coppa UEFA si interrompe in semifinale ad opera del Feyenoord, poi vincitore della competizione.

    Il 12 dicembre 2001 scompare a Milano l'avvocato Peppino Prisco, storico vice-presidente interista, ottantenne da pochi giorni.

    2002-03: secondo posto e semifinale di Champions

    Nonostante l'amaro finale della stagione 2001-2002, Moratti rinnova la fiducia a Héctor Cúper per il 2002-2003. Christian Vieri, che sarà il capocannoniere del torneo con 24 gol, è affiancato in attacco dall'argentino Hernán Crespo, acquistato dalla Lazio in sostituzione di Ronaldo: il giocatore viene infatti ceduto al Real Madrid su sua richiesta a causa di insanabili contrasti con l'allenatore.

    Nella prima parte del campionato le squadre in lotta per il titolo sono quattro: Juventus, Milan, Inter e Lazio. Nel girone di andata è il Milan a comandare stabilmente la classifica, laureandosi campione d'inverno. Nel ritorno, però, la gara si restringe a Inter e Juventus. Le due rivali rimangono appaiate in classifica fino allo scontro diretto del Delle Alpi, dove la squadra nerazzurra viene sconfitta per 3-0. Il riaggancio sarebbe possibile qualche domenica dopo, quando la Juventus perde con il Milan, ma in quella giornata anche l'Inter viene battuta sul campo dell'Udinese. Cúper conduce la squadra al secondo posto finale in Serie A, a 7 punti di distacco dalla Juventus e a più 4 dal Milan, terzo.

    In Champions League i nerazzurri partono dal terzo turno preliminare, dove eliminano i portoghesi dello Sporting Lisbona. Il percorso in coppa prosegue bene grazie soprattutto alle reti di Crespo, poco prolifico in campionato ma determinante in ambito europeo. L'Inter supera la prima fase a gironi piazzandosi al primo posto davanti a Ajax, Lione (qualificato in Coppa UEFA) e Rosenborg. Nella seconda fase a gironi raggiunge il secondo posto del proprio raggruppamento, alle spalle del Barcellona e davanti a Newcastle United e Bayer Leverkusen. Nel ritorno della sfida con gli inglesi Vieri interrompe un lungo digiuno di gol in coppa, mentre alla BayArena di Leverkusen, contro i vicecampioni d'Europa uscenti, il 19enne nigeriano Obafemi Martins diventa il più giovane marcatore nerazzurro nella competizione. Nei quarti di finale i nerazzurri sconfiggono gli spagnoli del Valencia grazie ai risultati di 1-0 e 2-1, dove le due reti meneghine sono enterambe realizzate da Vieri. L'avventura interista, però, si conclude in semifinale contro il Milan (poi campione d'Europa vincendo la finale contro la Juventus), nel primo derby di Milano nella storia delle coppe europee. Dopo lo 0-0 di Milan-Inter, il ritorno, Inter-Milan, finisce 1-1. Al gol di Shevchenko in chiusura di primo tempo risponde nel secondo tempo ancora il giovane Martins. Nei minuti finali il portiere rossonero Abbiati compie una prodigiosa parata che consente ai rossoneri di passare il turno in virtù del gol segnato in trasferta.

    2003-04: da Cúper a Zaccheroni

    Nell'estate 2003 inizia la terza stagione di Cúper . Dopo un avvio difficile in campionato, caratterizzato dalla sconfitta nel derby e il pareggio esterno contro il Brescia, ad ottobre il tecnico argentino viene esonerato e sostituito da Alberto Zaccheroni. Durante il mercato di gennaio viene acquistato dal Parma il giovane attaccante brasiliano Adriano, il quale, dopo aver esordito con l'Inter nel 2001 e aver realizzato molti gol con Fiorentina (6 gol) e Parma (23 gol) tra il 2002 e il 2004, era stato ceduto proprio a quest'ultimo club in comproprietà. Zaccheroni conclude il campionato alle spalle di Milan, Roma e Juventus, centrando il 4° posto che era l'obiettivo minimo dell'Inter dopo una partenza amara, ma il risultato non viene considerato sufficiente alla sua conferma per l'annata seguente. Nell'inverno 2003, viene trovato positivo al nandrolone il nerazzurro Mohammed Kallon. La società si dichiara estranea alla vicenda, posizione che né il calciatore né il suo avvocato finora hanno mai smentito, e a squalifica terminata il giocatore viene ceduto all'estero.

    Le prime prestazioni stagionali dell'Inter in Champions League sono ottime: i nerazzurri diventano la prima squadra italiana ad espugnare Highbury, lo stadio dell'Arsenal, che viene sconfitto per 3-0. Arriva poi un'altra vittoria, contro la Dinamo Kiev, battuta per 2-1 a San Siro. Con l'avvento di Zaccheroni il rendimento in coppa peggiora: nella settimana successiva all'allontanamento di Cúper la squadra, allenata provvisoriamente da Corrado Verdelli in attesa dell'arrivo di Zaccheroni, perde per 3-0 in Russia contro la Lokomotiv Mosca e nel successivo turno, sempre contro i moscoviti, pareggia per 1-1 in casa. Dopo una pesante sconfitta interna nel ritorno contro l'Arsenal (1-5), l'eliminazione dal torneo viene sancita con un pari (1-1) a Kiev contro la Dinamo. La squadra è estromessa dalla massima competizione continentale per club ma, essendo giunta terza nel proprio girone, accede alla Coppa UEFA, dove l'allenatore impiega Vieri al posto di Adriano (questi non può disputare match internazionali, avendo già giocato in Europa con il Parma nella stagione in corso). L'Inter inizia il suo percorso eliminando prima il Sochaux e poi il Benfica, ma si ferma ai quarti di finale contro l'Olympique Marsiglia, perdendo sia in casa che fuori per 1-0.

    L'Inter di Roberto Mancini (dal 2004)

    2004-05: la quarta Coppa Italia
    Roberto Mancini: ha aperto un nuovo ciclo di vittorie per l'Inter
    Roberto Mancini: ha aperto un nuovo ciclo di vittorie per l'Inter

    A giugno 2004 Roberto Mancini è ufficialmente il nuovo allenatore dell'Inter. Il tecnico ritrova il centrocampista Dejan Stankovic e porta con sé dalla Lazio i difensori Giuseppe Favalli e Siniša Mihajlović, arriva inoltre in prestito dal Chelsea l'ex biancoceleste Juan Sebastián Verón. La squadra può contare su un attacco sulla carta molto forte (Adriano, Vieri, Martins, Recoba) ma non riesce a soddisfare le grandi aspettative suscitate in estate, giungendo terza nella Serie A 2004-2005 dietro Juventus e Milan. La partenza dell'Inter in campionato era stata caratterizzata da una serie di imbattibilità poco produttiva per via dell'elevato numero di pareggi. Il terzo posto verrà poi rivalutato alla luce dello scandalo Calciopoli, dipanatosi nel corso di questa stagione ma venuto alla luce solo dopo un anno, che vede coinvolte proprio la Juventus (cui viene revocato il titolo di campione d'Italia per illecito sportivo) ed il Milan, accusato di slealtà sportiva.

    In campo internazionale l'Inter è estromessa dalla Champions League ai quarti di finale ancora dal Milan con questi risultati: Milan-Inter 2-0; Inter-Milan 0-3 a tavolino (match sospeso nel secondo tempo per lancio di bengala dei sostenitori nerazzurri sul risultato di 1-0 per i rossoneri, subito dopo una rete annullata a Esteban Cambiasso). Il club di Moratti è comunque capace di mettere in bacheca un trofeo dopo sette anni. I nerazzurri conquistano infatti la quarta Coppa Italia il 15 giugno 2005 nella finale contro la Roma, imponendosi sia all'andata che al ritorno: 2-0 allo Stadio Olimpico con una doppietta di Adriano e 1-0 al Meazza con gol di Mihajlović.

    2005-06: Supercoppa Italiana, Coppa Italia e scudetto d'ufficio

    La compagine meneghina comincia il 2005-2006 con il piede giusto: il 20 agosto 2005 si aggiudica la seconda Supercoppa Italiana della sua storia dopo quella del 1989, grazie a una rete di Juan Sebastián Verón nei supplementari contro la Juventus al Delle Alpi (1-0). Il campionato 2005-2006 parte con la fuga della Juventus. Soltanto Milan e Inter sono in grado di mantenere l'impetuoso passo dei bianconeri, prima che un vistoso calo dei rossoneri permetta ai nerazzurri di occupare stabilmente la seconda piazza della classifica. Col derby d'Italia di ritorno, disputato a marzo, l'Inter cerca una rimonta che avrebbe dell'incredibile ma viene sconfitta per 2-1 a San Siro con gol decisivo di Alessandro Del Piero. Unito alla precedente sconfitta con la Fiorentina, il passo falso favorisce il notevole recupero del Milan, capace di rimontare 14 punti all'Inter e 11 alla Juventus. Alla fine però il podio è quello dell'annata precedente: Juventus prima, Milan secondo ed Inter terza, stando alla classifica al termine dell'ultima giornata, il 14 maggio 2006, in attesa delle sentenze relative allo scandalo del calcio.

    In Champions League, nonostante le prime sfide a porte chiuse a San Siro a causa dei fatti del derby di Champions, il cammino dei nerazzurri è in discesa. Dopo il primo posto nella fase a gironi, la squadra sconfigge l'Ajax agli ottavi ma viene eliminata dal torneo ai quarti di finale per mano degli spagnoli del Villarreal malgrado la vittoria per 2-1 nel match di andata al Meazza. Il ritorno al Madrigal termina infatti 1-0 per gli avversari, che si qualificano alle semifinali in virtù del gol in trasferta messo a segno da Diego Forlán al primo minuto di gioco della sfida di San Siro.

    Ai nerazzurri sembra così restare ancora una volta solo la Coppa Italia, che vincono per la seconda volta consecutiva e nuovamente contro la Roma. Dopo il pareggio all'Olimpico (1-1) al ritorno la formazione milanese prevale per 3-1, conquistando il trofeo per la quinta volta nella sua storia.

    A seguito delle sentenze, il 26 luglio 2006 il Commissario Straordinario della FIGC Guido Rossi, recepito il parere positivo di una apposita commissione, da lui istituita e nominata, composta da Gerard Aigner, già Segretario Generale e Direttore Generale della UEFA, dal prof. Massimo Coccia, esperto di diritto sportivo, membro TAS, ordinario di diritto internazionale presso la Università della Tuscia e dal prof. Roberto Pardolesi, esperto di diritto sportivo, ordinario di diritto privato comparato presso la Luiss[3], assegna d'ufficio all'Inter il 14° scudetto della sua storia, proclamandola campione d'Italia 2005-2006 in seguito ai provvedimenti della Corte Federale sulla classifica finale del campionato Italiano di Serie A 2005-2006: la Juventus è declassata al ventesimo ed ultimo posto (con conseguente retrocessione in Serie B), mentre il Milan viene penalizzato di 30 punti, scendendo così al terzo posto dietro Inter e Roma.

    Con la retrocessione in B della Juventus, l'Inter rimane l'unica società calcistica italiana a non aver mai militato in Serie B.

    2006-07: Supercoppa Italiana e scudetto dei record

    Il 26 agosto 2006 l'Inter si presenta alla sfida di Supercoppa Italiana a San Siro come favorita, con la coccarda della Coppa Italia sulla manica sinistra della maglia e lo scudetto sul petto (in passato l'accoppiata era riuscita solo a Torino, Juventus, Napoli e Lazio), tuttavia va sotto di 3 reti, recuperate nel corso della partita. Una punizione di Luís Figo fissa nei tempi supplementari il risultato sul 4-3 per la formazione nerazzurra e le consegna la terza Supercoppa Italiana della sua storia, la seconda consecutiva.

    Pochi giorni dopo la vittoria in Supercoppa un grave lutto colpisce l'Inter, oscurando l'atmosfera di ottimismo in vista della nuova stagione: il 4 settembre 2006 muore a Milano dopo alcuni mesi di grave malattia il presidente Giacinto Facchetti, già bandiera nerazzurra negli anni Sessanta e Settanta e della Nazionale.

    Nella stagione 2006-2007 l'Inter torna a dominare la scena italiana, occupando stabilmente la vetta della classifica di Serie A con molti punti di vantaggio sulla seconda.

    L'avventura in Champions League dei nerazzurri inizia in salita per via di due sconfitte nelle prime due giornate, rispettivamente con Sporting Lisbona e Bayern Monaco. Tuttavia, con tre vittorie e un pareggio nelle successive partite del girone, la squadra milanese si qualifica agli ottavi di finale, dove viene eliminata dal Valencia per la regola dei gol fuori casa, dopo un doppio pareggio (2-2 nell'andata al Meazza e 0-0 nel ritorno al Mestalla).

    In Serie A, intanto, l'Inter prosegue il suo dominio incontrastato, vincendo pure il ritorno del derby contro il Milan (2-1 dopo il 4-3 dell'andata). Il 18 aprile subisce la prima e unica sconfitta in campionato, ad opera della Roma, seconda in classifica e vittoriosa per 3-1 a San Siro. Si tratta della prima sconfitta dopo 39 partite consecutive di imbattibilità in tutte le competizioni, giunta proprio nella sfida che avrebbe potuto decretare matematicamente il primo posto. La festa, però, è rimandata di una sola settimana. Il 22 aprile, infatti, i nerazzurri conquistano il 15° scudetto, con 5 giornate di anticipo sulla fine del campionato (record eguagliato), grazie alla vittoria per 2-1 contro il Siena in trasferta e alla contemporanea sconfitta della Roma a Bergamo contro l'Atalanta.

    La vittoria dello scudetto è caratterizzata da una lunga serie di record, tra cui il primato dei punti conquistati (97), delle vittorie consecutive in campionato (17, record storico assoluto in Serie A), delle vittorie in una sola stagione (30), delle vittorie in trasferta (15), delle vittorie consecutive in trasferta (11), della media inglese (+21).

    Anche il cammino in Coppa Italia è positivo, con il raggiungimento della terza finale consecutiva, per la terza volta contro la Roma. Non era mai accaduto prima che le stesse squadre si fossero sfidate in finale per tre anni di fila. Nella finale di andata l'Inter, appena vittoriosa in campionato, viene nettamente battuta dalla Roma all'Olimpico per 6-2, mentre nella gara di ritorno vince per 2-1, ma è la Roma a sollevare la coppa.

    2007-08: L'anno del centenario
    L'ex interista Roberto Carlos e David Suazo durante Fenerbahçe-Inter 1-0, partita della UEFA Champions League 2007-2008
    L'ex interista Roberto Carlos e David Suazo durante Fenerbahçe-Inter 1-0, partita della UEFA Champions League 2007-2008

    La stagione 2007-2008, che conduce l'Inter nel novero delle società centenarie il 9 marzo 2008, si apre il 19 agosto 2007 con la sconfitta casalinga contro la Roma per 1-0 nella ventesima edizione della Supercoppa italiana e quinta finale di Supercoppa giocata tra Inter e Roma nelle ultime quattro stagioni, nonché quattordicesima sfida in generale nell'arco di poco più di tre anni.

    In campionato il cammino della squadra ricalca le orme della strepitosa stagione precedente. L'Inter si laurea campione d'inverno con due giornate d'anticipo dalla fine del girone d'andata, chiudendo in testa a quota 49 punti (15 vittorie e 4 pareggi), con un vantaggio di 7 lunghezze sulla seconda (Roma) e 12 sulla terza (Juventus). Inoltre migliora il record di vittorie consecutive tra campionato e coppe stabilito l'anno precedente, portandosi a quota 13 rispetto alle 11 affermazioni della passata stagione. Come nella stagione precedente, è Ibrahimović il leader della squadra, che beneficia dei suoi gol e dei suoi assist. A fine girone d'andata lo svedese, insieme a David Trézéguet, è infatti il capocannoniere (grazie ad un maggior numero di rigori battuti e realizzati) con 13 gol.
    Dalla fine di febbraio alla fine di marzo, tuttavia, la squadra di Mancini attraversa un periodo opaco in cui dilapida in parte il vantaggio accumulato sulla Roma, che recupera 7 punti e si porta a 4 lunghezze di distacco. Nel corso di questo periodo giunge per i nerazzurri la prima sconfitta dopo 31 partite utili consecutive in campionato, contro il Napoli, che si impone in casa per 1-0. I milanesi non perdevano in Serie A da 31 partite (18 aprile 2007, 1-3 contro la Roma).

    In Champions League i nerazzurri vengono eliminati agli ottavi di finale come nella stagione precedente, questa volta dal Liverpool, vittorioso per 2-0 in casa e per 1-0 a San Siro. Al termine della partita di ritorno Mancini annuncia la sua intenzione di abbandonare la guida dell'Inter alla fine della stagione, ma in seguito torna sui propri passi dopo un incontro con il presidente Moratti.

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